Referendum di giugno 2025: le nostre considerazioni sui quesiti sul lavoro
Come sappiamo, in tutti questi anni sono state apportate numerose modifiche al “Jobs Act” e, vale a dire, al Decreto Legislativo n° 23 del 2015 che ha introdotto, tra le diverse novità, le cosiddette “tutele crescenti” nei casi dei licenziamenti.
Tutte queste recentissime modifiche hanno snaturato, secondo tanti esperti e addetti ai lavori, l’essenza stessa del “Jobs Act” (che ha avuto il merito di rendere molto meno rigido il mercato del lavoro) mentre per altri sono state colmate esclusivamente le diverse storture – come quelle oggetto dell’interesse dell’Ordinanza n° 6221 del 2025 emanata dalla Corte di Cassazione e della Sentenza n° 128 del 2024 deliberata dalla Corte Costituzionale – tra cui la illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2°, del Decreto Legislativo n° 23 del 2015 nelle ipotesi dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo in cui non venga dimostrata in giudizio, dal datore di lavoro citato in giudizio dal dipendente, la motivazione utilizzata per attivare il recesso del contratto di lavoro ai danni del lavoratore.
Non a caso, coloro che denunciano lo svuotamento del cuore del “Jobs Act” precisano che queste modifiche apportate dalla giurisprudenza, e non dal Parlamento, hanno rimesso la figura del Giudice del Lavoro maggiormente al centro del contenzioso.
Pertanto, per come è stata così riformata (e anche migliorata come è stato dichiarato da alcuni esperti del diritto del lavoro) la legge in questione, ossia il “Jobs Act”, non si potrà licenziare – in base ad un giustificato motivo oggettivo che non sia supportato da una motivazione realmente dimostrabile – offrendo unicamente un indennizzo economico crescente e pre-determinato in relazione all’anzianità di servizio (il cosiddetto contratto a tempo indeterminato a “tutele crescenti” per tutti i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi), ma, il datore di lavoro sarà obbligato, in questo caso, a reintegrare il lavoratore nel proprio posto di lavoro.
Dunque, per il nostro Sindacato Datoriale è inopportuno risolvere le questioni normative sul lavoro messe in discussione dal prossimo Referendum abrogativo che si terrà nei giorni 8 e 9 giugno 2025, anche per le seguenti rilevanti motivazioni:
- perché se si decide di tutelare troppo eccessivamente, giustamente, i lavoratori dipendenti a discapito della flessibilità del lavoro, le assunzioni caleranno drasticamente in quanto le imprese, soprattutto le micro e piccole che sono la stragrande maggioranza, saranno orientate ad assumere il meno possibile per evitare di sostenere futuri costi non certi e molto imprevedibili e, quindi, non pre-determinabili;
- perché, in virtù della precedente motivazione, il 50% dei fallimenti delle imprese è causato da cause legali con gli ex dipendenti ed è, quindi, auspicabile non eliminare il tetto delle “tutele crescenti” e, quindi, il limite delle indennità di risarcimento in caso di licenziamento ed, inoltre, è preferibile focalizzarsi non troppo sulla eccessiva tutela dei lavoratori, bensì, sulla flessibilità del lavoro e, contestualmente, è necessario anche dare priorità alla produttività e alle diverse forme di partecipazione agli utili d’impresa da parte dei lavoratori dipendenti;
- perché, come è stato dettagliato all’inizio del presente articolo, i quesiti hanno attualmente pochissimo valore, se non una totale assenza di valore, in quanto sono stati già introdotti tutti i correttivi;
- perché, se passassero i diversi Sì sul lavoro, si ritornerebbe all’impianto normativo del vecchio articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori come fu modificato nel 2012 dalla vecchia Legge Fornero e dal vecchio Governo Monti.
Inoltre, sempre in merito all’inopportunità di questo referendum, noi di FederPartiteIva ricordiamo che l’astensione del voto è un comportamento legittimo in quanto il voto è un “dovere civico” e non un obbligo giuridico che implica una sanzione (si leggano l’articolo 48, secondo comma, della Costituzione, il nuovo articolo 4 del Decreto del Presidenza della Repubblica n° 361 del 1957 che sarebbe il Testo Unico sulle Leggi Elettorali e l’Ordinanza del 1968 emanata dalla Corte Costituzionale).
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