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Come sappiamo, in tutti questi anni sono state apportate numerose modifiche al “Jobs Act” e, vale a dire, al Decreto Legislativo n° 23 del 2015 che ha introdotto, tra le diverse novità, le cosiddette “tutele crescenti” nei casi dei licenziamenti.

Tutte queste recentissime modifiche hanno snaturato, secondo tanti esperti e addetti ai lavori, l’essenza stessa del “Jobs Act” (che ha avuto il merito di rendere molto meno rigido il mercato del lavoro) mentre per altri sono state colmate esclusivamente le diverse storture – come quelle oggetto dell’interesse dell’Ordinanza n° 6221 del 2025 emanata dalla Corte di Cassazione e della Sentenza n° 128 del 2024 deliberata dalla Corte Costituzionale tra cui la illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2°, del Decreto Legislativo n° 23 del 2015 nelle ipotesi dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo in cui non venga dimostrata in giudizio, dal datore di lavoro citato in giudizio dal dipendente, la motivazione utilizzata per attivare il recesso del contratto di lavoro ai danni del lavoratore.

Non a caso, coloro che denunciano lo svuotamento del cuore del “Jobs Act” precisano che queste modifiche apportate dalla giurisprudenza, e non dal Parlamento, hanno rimesso la figura del Giudice del Lavoro maggiormente al centro del contenzioso.

Pertanto, per come è stata così riformata (e anche migliorata come è stato dichiarato da alcuni esperti del diritto del lavoro) la legge in questione, ossia il “Jobs Act”, non si potrà licenziare – in base ad un giustificato motivo oggettivo che non sia supportato da una motivazione realmente dimostrabile – offrendo unicamente un indennizzo economico crescente e pre-determinato in relazione all’anzianità di servizio (il cosiddetto contratto a tempo indeterminato a “tutele crescenti” per tutti i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi), ma, il datore di lavoro sarà obbligato, in questo caso, a reintegrare il lavoratore nel proprio posto di lavoro.

Dunque, per il nostro Sindacato Datoriale è inopportuno risolvere le questioni normative sul lavoro messe in discussione dal prossimo Referendum abrogativo che si terrà nei giorni 8 e 9 giugno 2025, anche per le seguenti rilevanti motivazioni:

  • perché se si decide di tutelare troppo eccessivamente, giustamente, i lavoratori dipendenti a discapito della flessibilità del lavoro, le assunzioni caleranno drasticamente in quanto le imprese, soprattutto le micro e piccole che sono la stragrande maggioranza, saranno orientate ad assumere il meno possibile per evitare di sostenere futuri costi non certi e molto imprevedibili e, quindi, non pre-determinabili;
  • perché, in virtù della precedente motivazione, il 50% dei fallimenti delle imprese è causato da cause legali con gli ex dipendenti ed è, quindi, auspicabile non eliminare il tetto delle “tutele crescenti” e, quindi, il limite delle indennità di risarcimento in caso di licenziamento ed, inoltre, è preferibile focalizzarsi non troppo sulla eccessiva tutela dei lavoratori, bensì, sulla flessibilità del lavoro e, contestualmente, è necessario anche dare priorità alla produttività e alle diverse forme di partecipazione agli utili d’impresa da parte dei lavoratori dipendenti;
  • perché, come è stato dettagliato all’inizio del presente articolo, i quesiti hanno attualmente pochissimo valore, se non una totale assenza di valore, in quanto sono stati già introdotti tutti i correttivi;
  • perché, se passassero i diversi Sì sul lavoro, si ritornerebbe all’impianto normativo del vecchio articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori come fu modificato nel 2012 dalla vecchia Legge Fornero e dal vecchio Governo Monti.

Inoltre, sempre in merito all’inopportunità di questo referendum, noi di FederPartiteIva ricordiamo che l’astensione del voto è un comportamento legittimo in quanto il voto è un “dovere civico” e non un obbligo giuridico che implica una sanzione (si leggano l’articolo 48, secondo comma, della Costituzione, il nuovo articolo 4 del Decreto del Presidenza della Repubblica n° 361 del 1957 che sarebbe il Testo Unico sulle Leggi Elettorali e l’Ordinanza del 1968 emanata dalla Corte Costituzionale).

La Legge di Bilancio in corso di approvazione che andrà in vigore dal prossimo anno, la quale infatti risulta ancora essere nella fase di approvazione in quanto si tratta soltanto di un Disegno di Legge, quasi certamente porterà avanti le agevolazioni circa i Premi di Risultati e i Fringe Benefit per il triennio 2025-2027.

Appunto, il disegno di legge in questione contiene la proroga, per i Premi di Risultati, dell’applicazione dell’imposta sostitutiva del 5% sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali, e allo stesso tempo, viene rinnovata, per i Fringe Benefit, la possibilità di godere dell’esenzione fino ai 1.000 euro per tutti i lavoratori e dell’esenzione fino ai 2.000 euro per quei prestatori di lavoro che hanno dei figli fiscalmente a carico.

Andiamo ad analizzare l’istituto del Premio di Risultato e l’istituto del Fringe Benefit con quali modalità saranno inquadrati per il prossimo triennio 2025-2027.

In merito al primo istituto, l’imposta sostitutiva sui Premi di Risultato sarà altamente attrattiva in quanto non sarà più del 10% come introdotto dalla Legge di Bilancio per l’anno 2016, bensì, sarà pari al 5% da calcolarsi sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali.

Tale agevolazione potrà essere applicata, come alternativa all’imposta sostitutiva ordinaria, qualora si rispetteranno i requisiti di seguito elencati:

  • il Premio di Risultato dovrà scaturire da un apposito accordo sindacale aziendale o territoriale ai senti dell’art. 51 del D.Lgs. n° 81 del 2015;
  • l’ammontare del Premio di Risultato dovrà essere variabile;
  • l’erogazione del Premio di Risultato dovrà essere conteggiata in base agli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione i quali vanno misurati e verificati sulla scorta dei criteri stabiliti dall’art. 1, comma 182, della Legge n° 208 del 2015 ed, anche, dal Decreto InterMinisteriale del 25 marzo 2016;
  • venga stabilito un periodo di tempo congruo da cui constatare la eventuale incrementalità prestabilita dalle parti in causa;
  • l’importo del Premio di Risultato non potrà superare, con l’applicazione dell’imposta sostitutiva, la cifra dei 3.000 euro lordi;
  • nel caso in cui vi siano due o più obiettivi prestabiliti, occorre che questi vengano stabiliti come alternativa tra di loro come già chiarito dalla Circolare n° 5/E/2018 emanata dall’Agenzia delle Entrate;
  • il reddito dei lavoratori beneficiari di tale misura, da intendersi comprensivo anche dei redditi derivanti da altri lavori e delle pensioni di ogni tipologia, non potrà sforare l’importo degli 80.000 euro.

Qualora sia previsto dal C.C.N.L. applicato che il Premio di Risultato possa essere convertito in Welfare Aziendale, si ricorda che tale conversione implicherà la totale detassazione e decontribuzione la quale, dunque, produrrà un ulteriore vantaggio per i lavoratori.

In relazione al secondo istituto ovvero del Fringe Benefit, che come sappiamo viene erogato in maniera libera e volontaria “ad personam” ai dipendenti e ai collaboratori coordinati e continuativi e che non concorre a formare reddito da lavoro dipendente, così come introdotto dall’art. 51, comma 3° prima parte del terzo periodo, del T.U.I.R. conosciuto come il D.P.R. n° 917 del 1986 – l’importo dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori, oltre alle somme rilasciate a titolo di pagamento delle utenze domestiche, dell’affitto dell’abitazione principale e degli interessi sul mutuo della casa principale, godrà della totale detassazione e decontribuzione fino alla soglia dei 1.000 euro che raggiungerà il tetto dei 2.000 euro per i lavoratori con figli a carico, compresi i figli nati fuori dal matrimonio e i figli adottati, affiliati o affidati.

Come sappiamo, per ottenere la totale detassazione e decontribuzione, in queste due soglie massime è obbligatorio far rientrare tutte le erogazioni in Fringe Benefit (conversione del PDR, da CCNL, pacco natalizio e così via) ricevute da tutti i datori di lavoro, anche se utilizzano una piattaforma per l’erogazione del welfare aziendale, durante l’anno 2025 fino al 12 gennaio 2026 (principio di cassa allargato) perché, altrimenti, si andrà a calcolare la tassazione e la contribuzione ordinaria sull’intero valore erogato e non soltanto sulla parte eccedente, in quanto ognuna di queste due soglie non si configurano come “franchigia” ma come un “limite”.

Ritornando al tetto dei 2.000 euro, come sopra evidenziato, è necessario chiarire che si considerano a “carico” esclusivamente quei figli il cui reddito – al loro degli oneri deducibili ai sensi dell’art. 12, comma 2°, del T.U.I.R. – non sia superiore alle soglie di seguito elencate:

  • non superiore a 4.000 euro se i figli hanno fino a 24 anni di età;
  • non superiore a 2.840,51 euro se i figli hanno più di 24 anni di età.

Concludendo, l’agevolazione potrà essere riconosciuta in modalità piena ad entrambi i genitori soltanto se i figli risulteranno fiscalmente a carico contestualmente ai due capo-famiglia e tale situazione familiare, qualora l’ammontare dell’erogazione sfori l’importo di 258,23 euro, dovrà essere comunicata per tempo ai due rispettivi datori di lavoro e anche alle R.S.A. (Rappresentanze Sindacali Aziendali) qualora presenti.