FederPartiteIva si stringe attorno alla comunità di Codogno e a tutto il resto del Paese dichiarando, rimanendo nella propria umiltà, che bisogna guardare avanti ed essere ottimisti nella ripresa senza, però, mai abbassare la soglia di attenzione nei confronti di questo virus.
Non bisogna essere terrorizzati ma neanche bisogna prendere sotto gamba questa emergenza sanitaria.
Con rispetto riportiamo il link del giornale “Il Cittadino” che si interessa di Codogno e di tutta la zona del Lodigiano:
https://www.ilcittadino.it/stories/Cronaca/codogno-ricorda-il-primo-anno-del-covid_65625_96/

Più di tutte, l’abbattimento incisivo della pressione fiscale è considerata da FederPartiteIva come la misura principale da prendere immediatamente in considerazione per salvare il nostro Paese.
Gli imprenditori e i professionisti hanno urgente necessità di ottenere un alleggerimento del carico fiscale in quanto è sotto gli occhi di tutti che, soltanto in tale maniera, avranno a disposizione una adeguata somma di denaro utile per ritornare ad investire perché sappiamo perfettamente che la banche non sono più proiettate verso le micro e piccole imprese e perché, soltanto attivando continui investimenti, che un’impresa oppure uno studio professionale può continuare a sopravvivere e allo stesso tempo pianificare futuri progetti di crescita e/o di rafforzamento economico e patrimoniale.

Una particolare nostra richiesta in tal senso riguarda l’abbassamento cospicuo del cuneo fiscale per le assunzioni delle donne che pagano il prezzo più alto del nostro sistema economico e sociale. Così facendo le imprese non saranno disincentivate a trovare una “soluzione” per licenziare donne in prossimità di gravidanze.
Ancora, per noi di FederPartiteIva sarebbe auspicabile che si abbattesse la pressione fiscale anche per le imprese neo-costituite da donne e dai giovani under 30.

Sarebbe opportuno, per queste ultime due casistiche, abbassare drasticamente le imposte previdenziali destinate all’INPS per i primi due anni e al massimo per i primi tre esercizi.
Cogliamo l’occasione noi di FederPartiteIva di riproporre a tutti i partiti politici presenti nel nostro Parlamento l’abolizione del “solve et repete” da quei processi tributari, avviati verso la controparte rappresentata dallo Stato Italiano, il quale è quel principio secondo cui un’impresa oppure un professionista oppure un singolo cittadino contribuente è obbligato prima a pagare un’imposta oppure una specifica tassa per poi procedere legalmente a richiedere un risarcimento per i danni subiti.

Ancora, sarebbe necessario sburocratizzare l’Apparato Statale rendendo possibile l’avviamento di un’attività produttiva in soli sette giorni lavorativi per il tramite di un meccanismo di silenzio-assenso e di autocertificazioni con l’intento di velocizzare i tempi delle autorizzazioni necessarie.

Infine, è chiaro che la politica si faccia carico – con l’introduzione di adeguate misure di politiche attive, di formazione continua e di prepensionamenti e con una riforma degli ammortizzatori sociali – anche della fase post-blocco dei licenziamenti che sarà operativo di certo fino al prossimo 31 marzo ad eccezione, si immagina, per il settore della ristorazione e del turismo che ha pagato e che sta ancora pagando il costo più alto.

Sappiamo perfettamente tutti noi che l’emergenza sanitaria che stiamo attraversando si intreccia con la crisi economica e sociale del Paese.
Pertanto, è fondamentale garantire all’interno della propria impresa e del proprio studio professionale un ambiente di lavoro il più possibile salubre anche perché si tratta di un dovere morale, oltre che di natura legale, che tutti i datori di lavoro dovranno adempiere.

Ma come bisogna comportarsi se un dipendente si rifiuta di sottoporsi al vaccino anti Covid-19?

Anche se non si può imporre il vaccino, ad eccezione di poche casistiche, come sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione qualora il dipendente in questione manifesti una incompatibilità patologica con la somministrazione del vaccino, come la presenza di un’allergia ai farmaci oppure uno stato di gravidanza, si dovranno attivare diverse scelte le quali sono:

1) avviare l’attività lavorativa in modalità agile (smart working) dove è possibile;
2) spostare il dipendente verso un’altra attività lavorativa che non implichi danni alla salute all’interno del luogo di lavoro e che sia il più possibile affine alle competenze possedute;
3) spostare il dipendente a mansioni inferiori se non è possibile garantire quanto previsto al punto precedente;
4) trasferire il lavoratore in un’altra unità lavorativa o cantiere che garantisca il proseguimento della prestazione lavorativa in uno stato salubre;
5) sospendere il dipendente dall’attività lavorativa.

Invece, qualora il dipendente in questione si rifiuti di vaccinarsi (cosiddetta persona “no vax”) per una propria valutazione personale e non scientifica il datore di lavoro potrà sospendere il lavoratore sia dall’attività lavorativa e sia dalla retribuzione in quanto l’impresa e il professionista non sono obbligati a conciliare le esigenze personali del prestatore di lavoro, se non nei casi attinenti situazioni di disagio psico-fisico compravate dai medici, onde evitare la diffusione del virus da SARS-CoV-2.

Nei rapporti con le persone “no vax” si consiglia di attivare la sospensione dall’attività lavorativa e dalla retribuzione, se diversamente non sono applicabili altre misure di interventi, fin quando non si raggiungerà l’IMMUNITA’ DI GREGGE, ricordando allo stesso tempo che, l’articolo 20 del Testo Unico sulla Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro sancisce che “ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro”.

Ricordando che il datore di lavoro non può imporre il vaccino in quanto si scontra con l’articolo 32 della Costituzione Italiana – il quale, al secondo comma, sancisce che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” – e ricordando, ancora, che all’articolo 279 del Testo Unico sulla Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro si dispone l’obbligo del vaccino ai lavoratori in contatto con i pazienti (ospedali, RSA e strutture similari) si consiglia di richiedere la somministrazione del vaccino nei seguenti casi:

– lavoratori a stretto contatto con i cibi;
– lavoratori a contatto con altre persone in luoghi di lavoro che non permettono un adeguato distanziamento sociale.