Il Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 147 del 28 ottobre 2025, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti per la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e in materia di protezione civile.

L’intervento mira a un rafforzamento della cultura della sicurezza, all’incremento della prevenzione e alla riduzione degli infortuni in ogni ambito lavorativo.

Incentivi per le imprese virtuose e potenziamento della vigilanza

Le norme incentivano le misure di riduzione degli infortuni sul lavoro e premiano i datori di lavoro virtuosi, potenziando al contempo le attività di vigilanza e l’apparato sanzionatorio.

Tra l’altro, si prevede:

  • revisione delle aliquote INAIL e contributi agricoli. A partire dal 1° gennaio 2026, si autorizza l’INAIL alla revisione delle aliquote per l’oscillazione in bonus per andamento infortunistico e dei contributi in agricoltura, con l’obiettivo di premiare le imprese che dimostrano un andamento positivo in materia di sicurezza. Sono inoltre introdotte specifiche cause di esclusione dal bonus;
  • per aderire alla Rete del lavoro agricolo di qualità, le imprese dovranno dimostrare l’assenza di condanne penali o sanzioni amministrative in materia di salute e sicurezza sul lavoro negli ultimi tre anni. A queste imprese virtuose verrà riservata una quota delle risorse programmate dell’INAIL;
  • subappalto e strumenti digitali. Il decreto orienta l’attività di vigilanza dell’INAIL in modo mirato nei confronti dei datori di lavoro che ricorrono allo strumento del subappalto (pubblico e privato). Contestualmente, vengono introdotte disposizioni specifiche per il badge di cantiere e la patente a crediti, prevedendo la precompilazione della tessera digitale con i dati identificativi dei lavoratori assunti tramite la piattaforma SIISL (Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa). Inoltre, si individueranno gli ulteriori ambiti di attività a rischio più elevato (oltre al settore edile);
  • potenziamento dell’apparato ispettivo e promozionale. Il testo prevede il potenziamento dell’organico dell’INAIL e del Comando Carabinieri per la tutela del lavoro.

Formazione, indennizzi e tutela specifica

Il decreto interviene in modo incisivo anche sulla formazione e sulla tutela specifica, prevedendo, tra l’altro:

  • rafforzamento della formazione per RLS. L’obbligo di aggiornamento periodico dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) viene esteso anche alle imprese con meno di 15 dipendenti, garantendo una formazione costante in tutti gli ambiti lavorativi. Inoltre, si innalza il livello qualitativo degli enti accreditati che erogano la formazione in materia, demandando a un accordo Stato-Regioni l’individuazione di criteri e requisiti di accreditamento;
  • sicurezza studenti (scuola-lavoro). Si rafforza la tutela assicurativa INAIL per gli studenti impegnati nei percorsi di formazione scuola-lavoro, estendendo la copertura anche agli infortuni occorsi nel tragitto casa-lavoro e viceversa. Si introduce a carico dell’INAIL una borsa di studio per alunni e studenti superstiti di persone decedute per infortuni sul lavoro o malattie professionali;
  • near miss e prevenzione. Viene promossa l’adozione di linee guida per l’identificazione, il tracciamento e l’analisi dei mancati infortuni (c.d. near miss) da parte delle imprese con più di quindici dipendenti. Strumenti di incentivazione economica e premiale saranno individuati per le imprese che adottano modelli organizzativi avanzati di gestione della sicurezza e di tracciamento dei mancati infortuni;
  • visite mediche aggiuntive. In relazione alle attività ad alto rischio di infortuni, si introduce una nuova tipologia di visita medica nei confronti del lavoratore qualora vi sia il ragionevole motivo di ritenere che si trovi sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o alcoliche;
  • destinazione sanzioni. Le risorse introitate dalle ASL a seguito dei provvedimenti sanzionatori saranno utilizzate in via esclusiva per attività di sorveglianza epidemiologica dei rischi, al rafforzamento dei servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (SPRESAL) e ad attività di formazione e aggiornamento professionale.

Fonte: sito internet del Governo Italiano

Per la fruizione degli sgravi contributivi per le assunzioni agevolate, autorizzate dagli organi comunitari, è spesso richiesta la soddisfazione del requisito dell’incremento occupazionale netto. Ad esempio, per le assunzioni e le trasformazioni di “under 35”, come chiarito dal messaggio INPS n. 1935 del 2025, e per le assunzioni in area “ZES” o di donne svantaggiate e molto svantaggiate previste dal decreto Coesione. Si tratta di un requisito che prevede specifiche modalità di calcolo che il datore di lavoro deve conoscere bene in quanto legate a molte variabili, tra le quali la tipologia contrattuale e le eventuali esclusioni.

Come occorre procedere?

Una costante che si registra nelle assunzioni agevolate autorizzate dagli organi comunitari e, talora prevista, esplicitamente, dalla normativa italiana, è rappresentata dal fatto che tra i requisiti essenziali per poter usufruire dello sgravio contributivo vi è quello della realizzazione, con le nuove assunzioni, di un incremento occupazionale netto.

Incremento occupazionale netto anche per il bonus giovani under 35

Sembrava che le assunzioni e le trasformazioni di “under 35” portatrici di sgravi contributivi entro il tetto dei 500 euro su base mensile, riferite al 100% dei contributi dovuti dal datore di lavoro (con l’eccezione dei premi e dei contributi assicurativi INAIL e della “contribuzione minore”) ne fossero esenti (effettivamente, la norma non ne parla), ma il messaggio INPS n. 1935 del 18 giugno 2025, ha “scombinato” tale convinzione, prevedendone l’obbligo a partire dal prossimo mese di luglio.

Perché tutto questo?

La spiegazione la fornisce l’Istituto affermando che il Ministero del Lavoro, a seguito di interlocuzione con la Commissione Europea, ha preso atto della volontà di tale organismo di estendere anche alle imprese titolari dello sgravio contributivo previsto dal comma 1 dell’art. 22, la necessità del rispetto dell’incremento occupazionale netto.

Tale nota, che ha creato un certo sconcerto tra gli operatori e anche presso i datori di lavoro che dovranno formulare i piani di assunzione della seconda parte del 2025 sulla scorta di tale nuovo requisito obbligatorio, diviene una condizione essenziale.

Essa è riportata come dichiarazione di responsabilità nel modello di presentazione della domanda “on line”, ove il datore dovrà affermare di sapere che per le assunzioni e le trasformazioni di contratto avvenute dal 1° luglio 2025, l’ammissione allo sgravio contributivo è subordinata anche alla realizzazione di un incremento occupazionale netto rispetto alla determinazione di quello risultante, come media, dal computo dei dodici mesi antecedenti l’assunzione o la trasformazione.

Nella sostanza, per l’incentivo previsto al comma 1 dell’art. 22 del D.L. n. 60/2024 avremo questa situazione:

  1. a) per le assunzioni e le trasformazioni avvenute tra il 1° settembre 2024 ed il 30 giugno 2025, l’incremento occupazionale netto non è richiesto;
  2. b) per le assunzioni e le trasformazioni avvenute tra il 1° luglio 2025 ed il 31 dicembre 2025 (giorno ultimo di vigenza per le assunzioni che fruiscono dello sgravio contributivo) occorrerà che le stesse siano incrementali rispetto all’organico medio dei dodici mesi antecedenti.

Criticità operative

È questa una situazione di forte disparità normativa che potrebbe creare alcuni problemi operativi.

Il caso prospettato dal messaggio INPS n. 1935/2025 INPS è lo stesso che si presenta nelle assunzioni o trasformazioni in area “ZES” previste dall’ art. 22, comma 3, del D.L. n. 60/2024 ed autorizzate, lo scorso 31 gennaio, dalla Commissione Europea, ai sensi dell’art. 108 del Trattato dell’Unione e in quelle che riguardano le assunzioni di donne svantaggiate e molto svantaggiate, come previsto dal comma 3 dell’art. 23 ma che è richiesto anche per gli incentivi strutturali (di importo minore) disciplinati dai commi da 8 a 11 dell’ art. 4 della legge n. 92/2012, nonché, da ultimo, per, i benefici appena citati, del Decreto Coesione, dal D.M. attuativo del Ministro del Lavoro. Quindi, abbiamo una serie di disposizioni, di vario rango che lo richiedono, in ossequio, anche al Regolamento UE n. 1407/2013.

Come si calcola

Ma, come deve essere calcolato l’incremento occupazionale?

La circolare INPS n. 91/2025, ripetendo quanto affermato anche dalla circolare n. 90/2025, afferma che l’incremento va calcolato sulla base della differenza tra i lavoratori occupati in ciascun mese nel quale si “gode” lo sgravio contributivo ed il numero medio dei dipendenti in forza nei dodici mesi che hanno preceduto la nuova assunzione.

Tale principio riprende i concetti elaborati dalla Corte di Giustizia Europea la quale, con la sentenza n. C-415/07 del 2009, ha sancito che nella valutazione dell’incremento “si deve porre a raffronto il numero medio di Unità di Lavoro Annuo (U.L.A.) dell’anno precedente all’assunzione con il numero medio di U.L.A. dell’anno successivo all’assunzione”.

Per i lavoratori con contratto a tempo parziale, il calcolo va “pesato” in rapporto tra le ore pattuite e le ore che costituiscono il normale orario dei dipendenti a tempo pieno (è, nella sostanza, il computo “pro quota” previsto anche dall’ art. 9 del D.L.vo n. 81/2015).

Per il lavoro intermittente il computo tiene conto anche della previsione contenuta nell’ art. 18 del D.L.vo n. 81/2015, mentre, in caso di contratto a tempo determinato in sostituzione di lavoratore assente, il computo riguarda, unicamente, il dipendente sostituito. Dal computo generale sono escluse soltanto le prestazioni di lavoro occasionale disciplinate dall’ art. 54-bis del 50/2017.

L’ art. 2 del D.L. n. Regolamento n. 1407/2013, dispone, inoltre, che i posti di lavoro soppressi in tale periodo debbono essere dedotti e che il numero dei lavoratori occupati a tempo pieno, a tempo parziale o stagionalmente va calcolato considerando le frazioni di unità lavoro-anno.

Nel caso in cui ci si trovi di fronte ad aziende correlate o collegate tra loro in modo tale da rientrare nel concetto di “impresa unica”, il calcolo va effettuato su tutte le aziende secondo criteri presenti, oggi, anche nel Regolamento sul “de minimis” n. 2831/2023.

Tale concetto viene fatto proprio dal comma 3 dell’art. 23 del D.L. n. 60/2025 che richiama sia l’impresa che, per interposta persona, fa capo allo stesso soggetto che la previsione dell’art. 2359 c.c. la quale ultima si verifica:

a) quando un’impresa detiene la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di un’altra impresa;

b) quando un’impresa ha diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, direzione o sorveglianza di un’altra impresa;

c) quando un’impresa ha il diritto di esercitare un’influenza dominante su un’altra impresa in virtù di un contratto concluso con quest’ultima o in virtù di una clausola dello statuto di quest’ultima;

d) quando un’impresa azionista o socia di un’altra impresa controlla da sola, in virtù di un accordo stipulato con azionisti o soci dell’altra impresa, la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di quest’ultima.

Va, peraltro, sottolineato, cosa che fa la circolare n. 91/2025 riguardante le assunzioni di donne svantaggiate e molto svantaggiate, che, secondo il comma 3 dell’art. 23, l’incremento occupazionale è considerato “al netto delle diminuzioni del numero degli occupati verificatesi in società controllate o collegate”: di conseguenza, ai fini del calcolo della forza aziendale, sono escluse le “diminuzioni” registrate, nello stesso periodo, nelle società collegate e controllate.

Sempre la circolare n. 91 deduce, da quanto sopra, che i datori di lavoro possono beneficiare, ai fini del calcolo, degli aumenti della forza aziendale verificatisi in altre società del gruppo.

A questo punto è bene ricordare anche la posizione espressa in passato dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 34/2014 ove fu chiarito che il datore di lavoro deve verificare la forza presente nei dodici mesi successivi e non fare una valutazione sull’occupazione “stimata”: ciò significa che il beneficio non viene riconosciuto per i mesi in cui tale incremento non si è realizzato, con la conseguenza che il datore è tenuto a restituire, mediante le procedure di regolarizzazione, il beneficio già fruito, per i mesi in cui è andato “sotto” la media dei dipendenti occupati nei dodici mesi antecedenti, o non risulta averla incrementata.

L’agevolazione, comunque, viene riconosciuta pur se l’incremento non si è realizzato perché nel periodo sotto osservazione si sono resi vacanti posti di lavoro per:

a) dimissioni volontarie che oggi, a mio avviso, comprendono anche le dimissioni per fatti concludenti di cui all’ art. 19 della Legge n. 203 del 2024;

b) invalidità;

c) pensionamento per raggiunti limiti di età, dizione che dovrebbe comprendere anche forme di pensionamento anticipato (quota 103, opzione donna, ape sociale, etc.) previste dall’ordinamento al raggiungimento di una certa età ed un certo numero di versamenti contributivi;

d) riduzione volontaria dell’orario di lavoro realizzabile attraverso accordi di trasformazione dei rapporti da tempo pieno a tempo parziale, come previsto dall’ art. 8 del D.L.vo n. 81/2015;

e) licenziamento per giusta causa.

I lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivi e quelli a seguito di procedura collettiva di riduzione di personale nel rispetto delle previsioni contenute nella legge n. 223/1991, ai fini della fruizione del beneficio, vanno rimpiazzati. Dalla casistica generale la circolare n. 90 esclude quelli per inabilità al lavoro e per superamento del periodo di comporto che, seppur catalogabili all’interno del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, hanno la propria ragion d’essere in altre cause specifiche.

Nei contratti di somministrazione ove il beneficio viene girato dall’Agenzia all’azienda utilizzatrice del lavoratore somministrato, la valutazione dell’incremento occupazionale netto, va effettuata in capo a quest’ultima, come chiarito dal Ministero del Lavoro con l’interpello n. 3/2018.

Fonte: IPSOA (articolo redatto da Eufranio Massi direttore di “Dottrina per il Lavoro”)

Nel 2010 è stata istituita dalla Assemblea delle Nazioni Unite la “Giornata Mondiale dell’Imprenditore” (World Entrepreneurs Day) a cui noi del Sindacato Datoriale FederPartiteIva con EB01 abbiamo preferito aggiungere la figura del Professionista, in particolare quella dei Consulenti Aziendali tra cui il Consulente del Lavoro, il Commercialista ed il Tributarista i quali rappresentano i principali Collaboratori di ogni singolo imprenditore.

 

Dunque, noi di FederPartiteIva con EB01 auguriamo una buona “giornata degli imprenditori e dei professionisti” a tutti!!!

 

È questa una ricorrenza che si festeggia il 21 agosto per celebrare chi ha intenzione di mettersi in proprio e soprattutto chi ha fondato un’impresa o uno studio professionale che ogni giorno lavora senza sosta (secondo noi non è un caso che si festeggia proprio ora che si è in vacanza) per creare benessere e occupazione.

Noi di FederPartiteIva con EB01 ci impegniamo a diffondere la cultura imprenditoriale e quella delle professioni per riconoscere l’elevato contributo che ogni singolo imprenditore ed ogni singolo professionista apporta alla nostra Nazione.

Come di consueto riportiamo una estrema sintesi di uno tra gli studi realizzati da UNIONCAMERE il quale è afferente ai dati del Registro delle Imprese.

Ecco di seguito la relazione di tale studio.

In aumento gli imprenditori over 70 alla guida delle micro-imprese italiane.

Negli ultimi 10 anni i titolari di imprese individuali sono diminuiti di 300 mila unità ma quelli più anziani sono cresciuti di quasi 25 mila.

Invecchiano le piccole imprese italiane seguendo il trend della popolazione del Belpaese. A giugno 2025 i titolari d’impresa con almeno 70 anni erano 314.824, pari al 10,7% del totale ed erano 290.328 nel 2015 (8,9%).

Un aumento di 24.496 unità in un decennio in cui invece l’intero universo delle imprese individuali si è ridotto di oltre 300 mila unità.

È quanto emerge da uno studio di Unioncamere-InfoCamere sulla base dei dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio.

Il fenomeno è particolarmente accentuato nel Sud:

Basilicata (15%), Abruzzo (14%), Sicilia, (13,3%), Puglia (13,2%) sono tra le regioni con la maggiore incidenza di over 70.

Da segnalare anche la coppia Umbria-Marche, in cui la quota dei titolari over 70 supera il ‘muro’ del 14%.

In alcune province si toccano punte record:

Grosseto (18,7%), Trapani e Chieti (17,6%), Taranto (15,9%), Enna (15,6%). Molto contenuta, invece, la presenza di titolari ultrasettantenni nelle grandi città: Milano (6,4% sul totale), Torino (6,5%), Napoli. (8,3%).

Nel decennio 2015–2025, il numero di titolari d’impresa over 70 è aumentato in oltre due terzi delle province italiane, ma con dinamiche molto diverse.

In valore assoluto, le province che registrano gli incrementi più consistenti di imprenditori over 70 sono:

Palermo (+1.840), Torino (+1.794), Milano (+1.763), Napoli (+1.439) e Reggio Calabria (+1.314).

Aree caratterizzate in parte da una base imprenditoriale ampia e, dall’altra, dalla persistenza di modelli familiari nelle attività più tradizionali.

Quanto alle variazioni nel peso percentuale degli over 70 sul totale dei titolari, nell’arco del decennio considerato emergono province dove l’invecchiamento è particolarmente rapido:

è il caso di Enna +5,2 punti percentuali, Crotone: +4,8 punti, Chieti: +4,6 punti, Vibo Valentia: +4,5 punti, Grosseto +4,3 punti (18,7%).

In queste realtà – spesso rurali, del Sud oppure zone interne – il dato segnala una fragilità strutturale: si tratta di microimprese tradizionali, spesso a conduzione familiare, dove mancano ricambi generazionali e attrattività per i giovani.

Questa polarizzazione territoriale solleva interrogativi su come sostenere il passaggio generazionale e su quali politiche attivare per accompagnare l’uscita degli imprenditori anziani, garantendo continuità alle attività economiche più radicate nel tessuto locale.

Il settore dove il fenomeno è più marcato è l’agricoltura ed, infatti, in questo comparto quasi un titolare su tre (28,3%) ha almeno 70 anni.

Seguono le attività estrattive (50,7% su valori assoluti però molto piccoli), la fornitura di energia (20,1%) e l’artigianato manifatturiero (9,6%).

In fondo alla classifica, i comparti più innovativi come ICT (4,2%) e consulenza (4,9%). L’invecchiamento dei titolari riflette una doppia dinamica: da un lato il rallentamento del ricambio generazionale e dall’altro la resistenza – anche culturale – a cedere la guida dell’attività.

Il dato preoccupa soprattutto per le piccole imprese tradizionali, spesso familiari e radicate nel territorio, dove il passaggio di testimone è cruciale per garantirne la sopravvivenza.

Il nostro Sindacato Datoriale FederPartiteIva assieme agli uffici di EB01 Ente Bilaterale e Organismo Paritetico – Altri Enti e Fondi augurano di trascorrere delle buone vacanze a tutte le imprese e a tutti i professionisti aderenti nonché a tutti i propri delegati e referenti territoriali.

Gli uffici di FederPartiteIva e di EB01 resteranno chiusi per ferie dal agosto fino al 31 dello stesso mese.

Come sappiamo, in data 24 maggio 2025 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il nuovo Accordo Stato-Regioni che apporta differenti modifiche alla materia della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro e, in particolare, sulle modalità di formazione dei lavoratori e del datore di lavoro.

Chiaramente, la recente normativa in questione ha previsto diverse modifiche e altre novità oltre ad aver stabilito un periodo transitorio di 12 mesi entro cui sarà possibile adeguare tutti i corsi di formazione interessati, oltre a permettere di organizzare quelli che prima di oggi mai sono stati stabiliti da precedenti leggi, i quali sono i seguenti:

  • il nuovo corso per formare i lavoratori preposti dovrà durare 12 ore e non più 8 ed, inoltre, non sarà più possibile parteciparvi in modalità a distanza e, dunque, è consentito unicamente il corso in presenza.

Ancora, tale corso di formazione dovrà essere aggiornato ogni due anni per almeno 6 ore;

  • il nuovo corso di formazione dei dirigenti durerà 12 ore, a differenza delle 16 ore stabilite dalle precedenti normative, ad eccezione di quelli che sono assunti da imprese operanti nei cantieri temporanei e mobili e, quindi, presenti nelle attività d’impresa ad alto rischio;
  • il tanto annunciato e atteso nuovo corso di formazione per i datori di lavoro di 16 ore (da completare entro il 24 maggio 2026) che si aggiunge allo specifico corso di 6 ore, il quale sarà riconosciuto anche dimostrare il “possesso di adeguata formazione” ai sensi dell’articolo 97 del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro, destinato a tutti quei datori di lavoro che operano nei diversi cantieri;
  • il nuovo corso di formazione per tutti coloro – sia se trattasi di datore di lavoro e sia se trattasi di lavoratori dipendenti oltre ai lavoratori autonomi – che operano negli ambienti confinati oppure negli ambienti sospetti di inquinamento durerà 4 ore e dovrà essere aggiornato ogni cinque anni;
  • le diverse modifiche riguardano il riconoscimento dei crediti di formazione come, ad esempio, il corso di formazione per il Datore di Lavoro che non coprirà più la formazione per il R.L.S. (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza), il corso di formazione per gli A.S.P.P. (Addetto al Servizio di Prevenzione e Protezione) coprirà totalmente il corso per il Datore di Lavoro-R.S.P.P. (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione) ed, infine, il corso di aggiornamento per i Dirigenti e per gli altri Lavoratori non esonera più dallo svolgimento del corso di aggiornamento per il preposto;
  • le altre novità sono afferenti alla verifica obbligatoria dell’apprendimento sia a fine corso che in fase operativa, all’esperienza documentata per i formatori la quale dovrà essere pari ad almeno tre anni di esperienza, alla possibilità per il datore di lavoro in possesso dei requisiti per svolgere le attività del S.P.P. (Servizio di Prevenzione e Protezione) di poter svolgere anche l’attività di docenza esclusivamente per le risorse umane (lavoratori, preposti e dirigenti) da lui assunte, alla formazione specifica sulle molestie e sulle violenze commesse sul posto di lavoro, ai corsi inerenti la comprensione della lingua italiana per i lavoratori stranieri ed, infine, alla previsione di specifici elementi all’interno di tutti i verbali di verifica finale a cura del soggetto formatore.

Pochissimi giorni fa e, precisamente il 6 giugno 2025, l’intero tessuto produttivo della nostra Nazione (imprese, professionisti e dipendenti) si è liberato dal pagamento delle imposte, delle tasse e dei contributi ed, infatti, in questa specifica data si celebra la Giornata di Liberazione dalle Tasse – che negli Stati Uniti d’America è conosciuta come il Tax Freedom Day in riferimento, chiaramente, al precedente anno e, dunque, al 2024.

Tale analisi scaturisce dallo studio che la CGIA di Mestre esegue regolarmente ogni anno per individuare il giorno esatto, a partire da cui, ogni singolo attore del mondo produttivo inizierà a lavorare unicamente per se stesso e, pertanto, soltanto per soddisfare le necessità aziendali e/o personali.

Quest’anno in Italia dopo ben 156 giorni, comprensivi dei sabati e delle domeniche, ci si è liberati dai pagamenti fiscali di ogni genere (IRPEF, IRES, IRAP, IVA, contributi previdenziali, addizionali regionali e comunali e così discorrendo) rispetto alla media europea la quale è di 148 giorni, mentre, in Danimarca ci si è impiegato 166 giorni, in Francia e in Belgio 165 giorni, in Austria 164 giorni e in Lussemburgo 157 giorni. Tra le migliori Nazioni europee, vi è la Germania con 149 giorni e la Spagna con, addirittura, ben 136 giorni.

Per giungere al calcolo di tale giornata, il Sindacato Datoriale della CGIA di Mestre ha reperito i dati utili dal Documento di Finanza Pubblica 2025 emanato dal M.E.F. (Ministero dell’Economia e delle Finanze) e, sul piano pratico, ha frazionato il totale delle entrate tributarie, pari a 962,2 miliardi di euro, al P.I.L. giornaliero che ammonta a 6,2 miliari di euro il quale, a sua volta, scaturisce dal rapporto tra il P.I.L. nazionale, pari a 2.256 miliardi di euro, e il numero dei giorni di un anno e, quindi, 365 giorni.

È a partire dal 2023 che noi di FederPartiteIva, di concerto con EB01 Ente Bilaterale e Organismo Paritetico – Altri Enti e Fondi, diamo risalto a tale studio per porre, in maniera più incisiva, all’attenzione dei cittadini la questione della pressione fiscale del nostro sistema produttivo che è pari al 42,7% del Prodotto Interno Lordo (P.I.L.) rispetto a quella della Danimarca che è pari al 45,4%, a quella della Francia pari al 45,2%, a quella del Belgio pari al 45,1%, a quella dell’Austria pari al 44,8% e a quella del Lussemburgo pari al 43%.

Confrontando tutti questi dati con quelli degli ultimi 30 anni, la nostra amata Italia ha registrato la pressione fiscale meno “soffocante” nel 2005 con il Governo Berlusconi dell’epoca con il 38,9% del P.I.L., mentre, il tetto più alto è stato raggiunto nel 2013 con il Governo del Prof. Mario Monti, poi sostituito con il Governo di Enrico Letta, con il 43,4% del Prodotto Interno Lordo.

Ma c’è da dire anche che, a partire dal 2023, la pressione fiscale è iniziata nuovamente ad aumentare in maniera irruente – anche se non per i motivi legati all’innalzamento delle imposte, delle tasse e dei contributi e nonostante l’aumento delle tasse sui tabacchi e la riduzione delle detrazioni delle spese per le ristrutturazioni edilizie – semplicemente per il fatto che sono state introdotte norme che hanno toccato nel 2024 l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), tramite cui sono stati accorpati i primi due scaglioni di reddito, e nel 2025 il cuneo fiscale, con la de-contribuzione delle buste paga dei lavoratori, con cui sono state aumentate le detrazioni IRPEF e mediante cui è stata anche introdotta una somma esente IRPEF per i lavoratori con redditi fino ai 20.000 euro.

Gli ulteriori fattori che hanno fatto aumentare la pressione fiscale sono i seguenti: gli aumenti degli stipendi dei lavoratori con il recupero degli arretrati nel comparto statale, grazie ai rinnovi dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, e l’aumento del numero dei lavoratori occupati seguito dall’aumento degli afferenti contributi previdenziali.

Di seguito, vi è il link dell’articolo, completo delle relative tabelle, datato 7 giugno 2025 redatto dalla CGIA di Mestre:

https://www.cgiamestre.com/wp-content/uploads/2025/06/taxfreedomday-7.6.25.pdf

Il giorno 2 giugno 1946 gli Italiani si recano alle urne per scegliere tra la Monarchia e la Repubblica ed, infine, per eleggere i deputati all’Assemblea Costituente.

La Repubblica ottiene il 54,27% dei voti mentre la Monarchia ne ottiene il 45,73%.

Oggi è il compleanno della nostra Repubblica e, dunque, il nostro Sindacato Datoriale FederPartiteIva ed EB01 Ente Bilaterale e Organismo Paritetico – Altri Enti e Fondi augurano a tutti i cittadini italiani di trascorrere una buona Festa della Repubblica!

Come sappiamo, in tutti questi anni sono state apportate numerose modifiche al “Jobs Act” e, vale a dire, al Decreto Legislativo n° 23 del 2015 che ha introdotto, tra le diverse novità, le cosiddette “tutele crescenti” nei casi dei licenziamenti.

Tutte queste recentissime modifiche hanno snaturato, secondo tanti esperti e addetti ai lavori, l’essenza stessa del “Jobs Act” (che ha avuto il merito di rendere molto meno rigido il mercato del lavoro) mentre per altri sono state colmate esclusivamente le diverse storture – come quelle oggetto dell’interesse dell’Ordinanza n° 6221 del 2025 emanata dalla Corte di Cassazione e della Sentenza n° 128 del 2024 deliberata dalla Corte Costituzionale tra cui la illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2°, del Decreto Legislativo n° 23 del 2015 nelle ipotesi dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo in cui non venga dimostrata in giudizio, dal datore di lavoro citato in giudizio dal dipendente, la motivazione utilizzata per attivare il recesso del contratto di lavoro ai danni del lavoratore.

Non a caso, coloro che denunciano lo svuotamento del cuore del “Jobs Act” precisano che queste modifiche apportate dalla giurisprudenza, e non dal Parlamento, hanno rimesso la figura del Giudice del Lavoro maggiormente al centro del contenzioso.

Pertanto, per come è stata così riformata (e anche migliorata come è stato dichiarato da alcuni esperti del diritto del lavoro) la legge in questione, ossia il “Jobs Act”, non si potrà licenziare – in base ad un giustificato motivo oggettivo che non sia supportato da una motivazione realmente dimostrabile – offrendo unicamente un indennizzo economico crescente e pre-determinato in relazione all’anzianità di servizio (il cosiddetto contratto a tempo indeterminato a “tutele crescenti” per tutti i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi), ma, il datore di lavoro sarà obbligato, in questo caso, a reintegrare il lavoratore nel proprio posto di lavoro.

Dunque, per il nostro Sindacato Datoriale è inopportuno risolvere le questioni normative sul lavoro messe in discussione dal prossimo Referendum abrogativo che si terrà nei giorni 8 e 9 giugno 2025, anche per le seguenti rilevanti motivazioni:

  • perché se si decide di tutelare troppo eccessivamente, giustamente, i lavoratori dipendenti a discapito della flessibilità del lavoro, le assunzioni caleranno drasticamente in quanto le imprese, soprattutto le micro e piccole che sono la stragrande maggioranza, saranno orientate ad assumere il meno possibile per evitare di sostenere futuri costi non certi e molto imprevedibili e, quindi, non pre-determinabili;
  • perché, in virtù della precedente motivazione, il 50% dei fallimenti delle imprese è causato da cause legali con gli ex dipendenti ed è, quindi, auspicabile non eliminare il tetto delle “tutele crescenti” e, quindi, il limite delle indennità di risarcimento in caso di licenziamento ed, inoltre, è preferibile focalizzarsi non troppo sulla eccessiva tutela dei lavoratori, bensì, sulla flessibilità del lavoro e, contestualmente, è necessario anche dare priorità alla produttività e alle diverse forme di partecipazione agli utili d’impresa da parte dei lavoratori dipendenti;
  • perché, come è stato dettagliato all’inizio del presente articolo, i quesiti hanno attualmente pochissimo valore, se non una totale assenza di valore, in quanto sono stati già introdotti tutti i correttivi;
  • perché, se passassero i diversi Sì sul lavoro, si ritornerebbe all’impianto normativo del vecchio articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori come fu modificato nel 2012 dalla vecchia Legge Fornero e dal vecchio Governo Monti.

Inoltre, sempre in merito all’inopportunità di questo referendum, noi di FederPartiteIva ricordiamo che l’astensione del voto è un comportamento legittimo in quanto il voto è un “dovere civico” e non un obbligo giuridico che implica una sanzione (si leggano l’articolo 48, secondo comma, della Costituzione, il nuovo articolo 4 del Decreto del Presidenza della Repubblica n° 361 del 1957 che sarebbe il Testo Unico sulle Leggi Elettorali e l’Ordinanza del 1968 emanata dalla Corte Costituzionale).

Il nostro Sindacato Datoriale FederPartiteIva assieme ad EB01 Ente Bilaterale e Organismo Partitetico – Altri Enti e Fondi augura una buona Festa dei Lavoratori a tutti i propri iscritti e collaboratori perché anche gli imprenditori e i professionisti lo sono.

Buon 1° maggio, dunque, ai soci e dirigenti delle imprese e degli studi professionali iscritti al nostro Sindacato Datoriale e a tutti i nostri collaboratori, dirigenti e delegati territoriali.

Una quotidiana responsabilità: oggi è la Giornata Mondiale per la Salute e la Sicurezza nei luoghi di lavoro.

È necessaria un’autentica cultura della salute e sicurezza sul lavoro da diffondere quotidianamente anche in tutti gli ambiti della vita quotidiana e, dunque, non soltanto nei differenti luoghi di lavoro.

Riconosciamo – come misure valide introdotte dal Governo Meloni – sia l’introduzione della Patente a Crediti per il settore dell’edilizia (e per tutte quelle altre realtà produttive che operano in un qualsiasi cantiere temporaneo o mobile) introdotta nel 2024 e sia il nuovo Accordo Stato-Regioni del 2025 sulla materia in questione, che è prossimo all’arrivo, il quale intende sollecitare – in maniera incisiva con una ulteriore formazione ad hoc – ogni datore di lavoro e ciascun preposto e dirigente con poteri di responsabilità.

Infine, il nostro Sindacato Datoriale rinnova la richiesta di facilitare quanti più controlli possibili, chiaramente con l’aumento delle assunzioni di più Ispettori del Lavoro, oltre che l’introduzione di adeguate agevolazioni fiscali per le imprese e di più fondi per le iniziative incentrate sulla diffusione capillare della cultura della prevenzione dei pericoli che si annidano nei luoghi di lavoro, in particolare per quelli ad alto rischio come quello delle costruzioni, del settore chimico e delle attività produttive operanti nel comparto della salute.