Prima di entrare nell’argomento è opportuno sintetizzare la situazione normativa prima dell’introduzione del Decreto Dignità nella quale, nei 14 anni precedenti al D.Lgs. n. 368/2001, si sono attuate ben 34 modifiche normative, l’ultima delle quali disponeva l’eliminazione delle causali obbligatorie in quanto erano fonte di contenzioso tra la parte prestatoriale e la parte datoriale (Legge n. 78/2014 che è stata frutto della conversione del D.Lgs. n. 34/2014). Quest’ultima modifica, come ben sappiamo, è stata abrogata nel 2018 dal Decreto Dignità il quale, in questa fase emergenziale, non rappresenta più di sé un istituto legislativo a tutela dei lavoratori dipendenti.

Proprio per fronteggiare l’emergenza sanitaria il Legislatore ha previsto, ai sensi dell’art. 93 del D.L. n. 34/2020, la possibilità fino al 31 dicembre 2021 di omettere di inserire le causali per i rinnovi e per le proroghe dei contratti a tempo determinato.

Insomma, il Legislatore ha compreso che, in generale, le causali rappresentano un ostacolo per la prosecuzione dei contratti di lavoro a tempo determinato ed, infatti, ha abrogato per i 6 mesi restanti l’obbligo di prevedere una delle causali introdotte con il Decreto Dignità (D.L. n. 87/2018 convertito con la Legge n. 96/2018 con cui possiamo essere anche parzialmente d’accordo) in quanto sono troppo generiche e anche poco aderenti alle esigenze delle imprese. La causale più incomprensibile è quella contenuta dalla lettera b) del comma 1° dell’articolo 19 del medesimo Decreto Dignità la quale è basata sulle “esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria” che così facendo escludono quelle esigenze aziendali dovute a incrementi di produttività che avvengono ciclicamente (periodo dei saldi estivi e dei saldi invernali, etc).

Non a caso, dall’introduzione del Decreto Dignità ad oggi, i datori di lavoro preferiscono assumere il dipendente con un contratto a tempo determinato per un massimo di 12 mesi per poi far cessare tale rapporto di lavoro reclutando, contestualmente, un “nuovo” lavoratore.

Onde evitare la conclusione di tali rapporti di lavoro a tempo determinato il Legislatore è corso al riparo introducendo – con la lettera b-bis dell’art. 41-bis della Legge n. 106/2021 – la possibilità di utilizzare le causali previste dai CCNL e dagli Accordi Sindacali di natura aziendale.

Per noi di FederPartiteIva questa “apertura” normativa nei confronti della contrattazione collettiva svolta dai sindacati rappresenta l’azione più logica e naturale perché riteniamo che soltanto in tale maniera le imprese e i dipendenti potranno instaurare dei rapporti di lavoro a tempo determinato davvero “cuciti su misura” per ogni specifica esigenza produttiva.

Dunque, dopo tre anni dall’introduzione del Decreto Dignità, è possibile assumere personale mediante contratti a tempo determinato utilizzando, oltre i primi 12 mesi, una delle causali previste dai CCNL a livello nazionale, dagli Accordi Sindacali di natura territoriale e dagli Accordi Sindacali di natura aziendale sottoscritti dalle R.S.A. (Rappresentanze Sindacali Aziendali).

Nella pratica, a livello aziendale, si potranno individuare specifiche causali per le quali sarà possibile instaurare contratti a tempo determinato.

Con quale modalità si inseriscono le causali previste dalla contrattazione collettiva e dagli accordi sindacali nei contratti di lavoro individuali al fine di limitare al minimo i contenziosi con il personale dipendente?

C’è da precisare che l’utilizzo delle diverse causali previste dalla contrattazione collettiva e dagli accordi sindacali territoriali e aziendali è attenzionato dalla Magistratura e, pertanto, è chiaro le causali dovranno rispecchiare il caso concreto e non essere frutto di un abuso. Altrimenti, è bene ricordarlo che la mancanza e/o la genericità delle causali generiche determineranno la trasformazione di tali rapporti di lavoro da tempo determinato in quelli a tempo indeterminato.

Le causali dovranno, dunque, riferirsi a “specifiche esigenze aziendali” le quali dovranno essere identificabili e  verificabili per il tramite di dati analitici ed esaustivi da riportare nel contratto e, non caso, si riprende il concetto di fondo del D.Lgs. n. 368/2001 secondo cui il datore di lavoro dovrà rendere evidente la “specifica connessione tra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive e organizzative che l’impresa sia chiamata a realizzare e l’utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata e in stretto collegamento con la stessa” (Cassazione n. 22496 del 9 settembre 2019 e Cassazione n. 208/2015).

Infine, con la Nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 1363 del 14 settembre 2021, scaturita dall’interpretazione dell’art. 41-bis del Decreto Legge n. 73/2021 convertito dalla Legge n. 106/2021, è possibile rinnovare e prorogare oltre i 12 mesi quei contratti a tempo determinato vincolato dalle specifiche e verificabili esigenze aziendali anche successivamente alla data del 30 settembre 2002 che rappresenta il termine ultimo per il regime provvisorio del Decreto Sostegni Bis.

Il nostro sindacato datoriale rilancia le priorità per il nostro Paese affinché si innesti nel tessuto economico e sociale un’adeguata e profonda ripresa da agganciare possibilmente con il PNRR.
E’ necessario ribadire che per noi di FederPartiteIva si ritiene inopportuno parlare di “lotta all’evasione fiscale fine a sé stessa” come la panacea di tutti mali perché è sotto gli occhi di tutti che, da decenni e decenni a questa parte, il nostro sistema pubblico di riscossione dei tributi non è performante.
Anzi, constatiamo che si incassa pochissimo nonostante ci sia un’alta pressione fiscale abbinata ad una eccessiva burocrazia fatta da regole che cambiamo di continuo che spesso risultano poche chiare e che occupano più giornate di lavoro rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea.
L’evasione fiscale nel nostro Paese consta di 80 miliardi di lavoro sommerso che va ad aggiungersi alla parte sommersa proveniente dalla criminalità, di circa 20 milioni di cittadini in debito con l’Erario, del 50% dei debiti provenienti da ogni singolo cittadino che è pari a meno di mille euro.

Pertanto, FederPartiteIva auspica che la politica si faccia carico quanto di prima di costruire, avendo una visione d’insieme, un nuovo impianto fiscale “davvero giusto” per le imprese, per i professionisti e per le famiglie onde evitare in futuro di approvare ulteriori “condoni fiscali”. Tutto questo va per forza di cose abbinata ad un’autentica semplificazione della burocrazia e della “giungla” normativa.

Ancora, è necessario intervenire in maniera “strutturale” anche nel versante del mercato del lavoro ed, in primis, concentrandosi sulle “politiche attive del lavoro”, che per noi di FederPartiteIva andrebbero finanziate adeguatamente anche dal PNRR, sulla riforma degli ammortizzatori sociali al fine di introdurre un “unico ammortizzatore sociale” per le micro e piccole imprese, sulla riformulazione del “lavoro stagionale” e su un cospicuo abbattimento del “cuneo fiscale”.
Concludendo, per quanto concerne l’aspetto previdenziale del nostro Paese, è opportuno anche mettere mano sulle pensioni per attuare una giusta “riforma delle pensioni” e continuando a valorizzare la previdenza complementare.

L’I.S.C.R.O. è l’Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa che rappresenta l’Indennità di “sostegno al reddito”, ossia la Cassa Integrazione, per i professionisti e i lavoratori autonomi introdotta con la Legge di Bilancio 2021 e che sarà in fase di sperimentazione fino al 2023.

Le domande dovranno essere trasmesse dal 1° al 31 ottobre in modalità telematica, come sancito dalla Circolare INPS n° 94/2021, e i destinatari della misura sono i professionisti e i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata (compresi i partecipanti agli studi associati o alle società semplici) che esercitano abitualmente attività di lavoro autonomo connesso all’esercizio di arti e professioni (artisti, lavoratori dello spettacolo, lavoratori dello sport, consulenti del lavoro, medici, biologi e così discorrendo).

L’importo mensile dell’ISCRO non potrà essere inferiore ai 250 euro e non potrà superare quello di 800 euro e, nello specifico, è pari al 25% su base semestrale dell’ultimo reddito da lavoro autonomo certificato dall’Agenzia delle Entrate e già trasmesso da quest’ultima all’INPS precedentemente alla data di presentazione della domanda.

L’indennità ISCRO è riconosciuta a quei professionisti e lavoratori autonomi che possono far valere congiuntamente i seguenti requisiti:
non essere titolari di trattamento pensionistico diretto e non essere assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie;
non essere beneficiari del reddito di cittadinanza;
avere prodotto, nell’anno precedente alla presentazione della domanda, un reddito da lavoro autonomo inferiore al 50% della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei tre anni anteriori all’anno precedente alla presentazione della domanda;
avere dichiarato, nell’anno precedente alla presentazione della domanda, un reddito non superiore ai 8.145 euro;
essere in regola con la contribuzione previdenziale obbligatoria;
essere titolari di Partita IVA attiva da almeno quattro anni.

Tale indennità infine è incompatibile con le seguenti prestazioni:
pensioni dirette a carico, anche pro quota, dell’AGO e delle forme esclusive, sostitutive, esonerative e integrative della stessa e delle forme previdenziali compatibili con l’AGO;
reddito di cittadinanza;
indennità NASPI;
indennità DIS-COLL.

Per il sindacato datoriale FederPartiteIva questa misura rappresenta un “micro” intervento di “sostegno al reddito” che non potrà soddisfare minimamente i professionisti e le altre categorie di lavoratori autonomi il quale, assieme alle difficoltà di accesso alle indennità di maternità e di malattia coperte dall’INPS, offre un quadro pietoso che non lascia immaginare una prospettiva migliore per il futuro di tali lavoratori “guerrieri” che tanto contribuiscono al sistema produttivo del Paese.

Il nostro sindacato datoriale augura a tutte le imprese, a tutti i professionisti e a tutti cittadini e famiglie italiane una buona Festa della Repubblica Italiana auspicando che:
– si continui con l’ottima fase delle vaccinazioni;
– si introduca un adeguato “abbassamento” della pressione fiscale;
– si realizzi uno “snellimento” della burocrazia;
– si disegni una giustizia più “giusta” e “veloce”.
Un ringraziamento lo rivolgiamo al Presidente della Repubblica Mattarella.
Auguri a tutti!

Come sappiamo nel mese di febbraio di quest’anno è partito il semestre europeo sotto la guida del Portogallo del Consiglio dell’Unione Europea e della Commissione Europea che ha partorito il “Programma Horizon Europe 2021 – 2027” il quale, dopo una serie di incontri tra pubblico e privato, dovrà essere adeguato ai singoli programmi nazionali seguendo la direzione del Piano “Next Generation EU”.
Il Programma “Horizon Europe 2021 – 2027” si dota di un fondo che ammonta a 95,5 miliardi di euro e vale a dire il 24% in più rispetto a quanto stanziato con il precedente Programma “Horizon 2020”.
Oltre al presente Programma Horizon Europe ricordiamo che nel bilancio comunitario sono stati previsti ulteriori fondi per il settennio 2021 – 2027 i quali sono destinati per facilitare la ripresa economica dell’intera Comunità Europa. Oltre al Programma “Horizon Europe” gli altri programmi di incentivi sono: InvestEU dotato di 26,2 miliardi di euro, Europa Digitale dotato di 7,5 miliardi di euro, EU4Health dotato di 5,1 miliardi di euro, Europa Creativa dotato di 3 miliardi di euro e per finire Erasmus+ dotato di 26 miliardi di euro.
Tutti questi programmi inerenti per il settennio 2021 – 2027 si basano su sei priorità politiche che sono il “Green Deal europeo”, “Europa pronta per il digitale”, “Un’Europa più forte nel mondo”, “Promozione del nostro stile di vita europeo” e “Un nuovo slancio per la democrazia europea” e tali azioni sono tutte potenziate dal “Next Generation EU” il cui cardine principale è rappresentato dal programma del “Recovery and Resilience Facility” – comunemente denominato “Recovery Fund” – che ha disposizione 672,5 miliardi di euro.
Contando su tutte queste azioni e programmi comunitari è certamente fondamentale per le imprese rivolgersi a consulenti specializzati qualora non si posseggano le migliori conoscenze e competenze per ottenere i finanziamenti messi a disposizione dall’Unione Europea.

Abbiamo scelto il tricolore con al centro il garofalo rosso, simbolo dei lavoratori, perché tutti noi sappiamo perfettamente che il nostro Paese cresce soltanto con il lavoro creato dalle imprese e dai professionisti.

A maggior ragione auguriamo a tutti gli imprenditori e a tutti i professionisti un buon Primo Maggio e una spedita ripresa economica!

Il 25 aprile è la festa di tutti gli Italiani figli dei partigiani e figli dei sostenitori di questi che hanno combattuto il fascismo e il nazismo prima e successivamente anche tutte le altre forme di dittatura.

La nostra Repubblica è fondata su questi valori democratici condivisi da tutte le culture politiche (democristiana, socialista riformista, repubblicana e liberale) che vanno sempre difesi e coltivati perennemente.

Un ringraziamento lo rivolgiamo a
FIVL Federazione Italiana Volontari della Libertà – https://www.fivl.eu/
Federazione Italiana Associazioni Partigiane – http://www.fiapitalia.it/

Come sappiamo è stato siglato in data 6 aprile 2021 tra il Governo e le Parti Sociali il nuovo Protocollo di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro.

Pochissime e peculiari le novità ad eccezion fatta per la possibilità, all’interno di qualsiasi luogo di lavoro, concessa ad ogni tipologia di datore di lavoro di poter effettuare le vaccinazioni ai lavoratori dipendenti, compresi i titolari delle attività produttive, fermo restando che l’adesione sarà pur sempre su base “volontaria”.

Tre sono le opzioni in campo per avviare le vaccinazioni in azienda:
1) è il singolo datore di lavoro, anche in forma aggregata con altri datori di lavoro, a permettere le vaccinazioni all’interno dei luoghi di lavoro;
2) ricorrere alle strutture sanitarie private attraverso apposite convenzioni;
3) rivolgersi alle sedi periferiche dell’INAIL.

L’azienda, dietro la redazione di un apposito “piano aziendale per la vaccinazione”, ospiterà in appositi spazi il gruppo di operatori sanitari autorizzati che è addetto alla somministrazione del vaccino, mentre, il proprio Medico Competente fornirà ai lavoratori adeguate informazioni sui vantaggi e sui rischi connessi alla vaccinazione e sulla specifica tipologia di vaccino nel pieno rispetto anche della normativa sulla riservatezza dei dati personali e dei dati sensibili.

Il costo per la realizzazione e la gestione del “piano aziendale per la vaccinazione” è a totale carico del datore di lavoro, costi per la somministrazione inclusi, mentre la fornitura dei vaccini, delle siringhe e degli aghi e degli strumenti informatici dedicati alla registrazione delle vaccinazioni è carico del Servizio Sanitario Regionale di competenza.

Qualora un’impresa non è in grado di affidarsi ad una struttura sanitaria privata potrà rivolgersi alle sedi periferiche dell’INAIL in maniera totalmente gratuita.

Ulteriori novità previste dal presente Protocollo di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro consistono:
– nell’obbligo di rispettare, da parte dei lavoratori positivi per un periodo superiore ai 21 giorni, il ritorno in azienda soltanto se è preceduto dalla negativizzazione derivante dal tampone molecolare o antigenico effettuato nelle strutture autorizzate;
– nella possibilità di poter produrre in autonomia il liquido detergente seguendo le disposizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Tale Protocollo di aggiornamento di sicurezza anti-contagio, pertanto, ha dato il via libera alla realizzazione di “Punti Straordinari di Vaccinazione” – che partirà quando arriveranno le nuove dosi di vaccini – i quali affiancheranno i punti già attivati in precedenza dalle ordinanze normative statali.

Con l’auspicio di tornare al più presto alla normalità!

Fino alla data del 31 marzo 2021 sappiamo perfettamente che non sono ammessi i “licenziamenti per giustificato motivo oggettivo” ad eccezione, però, di quelli convalidati esclusivamente per il tramite di un “accordo collettivo aziendale” che abbia ad oggetto “un adeguato incentivo” per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e limitatamente a quei lavoratori che aderiranno al predetto accordo, ai sensi del comma 311 dell’art. 1 della Legge n° 178/2020, i quali avranno diritto di percepire la prestazione di disoccupazione NASPI.

Con la Circolare INPS n° 111/2020 si ribadisce che tale “accordo collettivo aziendale”, ai fini della percezione della NASPI, va allegato unitamente alla relativa richiesta di indennità di disoccupazione il quale, però, non va depositato presso il Ministero del Lavoro secondo le previsioni dell’art. 14 del D.Lgs. n° 151/2015.

Pertanto, non sono ammessi accordi collettivi territoriali oppure nazionali e, quindi, sono validi i licenziamenti per g.m.o., con il diritto per i lavoratori di riscuotere la NASPI, esclusivamente se formalizzati per il tramite degli accordi collettivi di natura aziendale.

Poiché sono emersi dubbi interpretativi provenienti da alcune filiali territoriali dell’INPS circa l’espressione utilizzata dal Legislatore nel menzionare che l’accordo collettivo aziendale sia stipulato “dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”, si precisa – mediante il Messaggio INPS n° 689 del 17 febbraio 2021 – che è sufficiente la firma anche di una sola organizzazione sindacale comparativamente più rappresentativa sul piano nazionale.

Sul periodo precedente si intuisce che le R.S.A. oppure le R.S.U. non potranno sottoscrivere tali accordi e, riflettendo, consideriamo che queste potranno siglare tali documenti “ad abundantiam” e, pertanto, aggiungendosi alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Tali interruzioni “consensuali” formalizzati con il predetto “accordo collettivo aziendale” dei rapporti di lavoro vanno riportati con il Codice Tipo cessazione “2A” all’interno del flusso Uniemens come previsto dal Messaggio INPS n° 528 del 5 febbraio 2021. Ed, infine, le imprese che hanno già utilizzato codici diversi sono tenuti a fare le opportune rettifiche.

Ma cosa dovrà contenere tale accordo collettivo aziendale?

La normativa emanata su questo punto durante tutta questa emergenziale è abbastanza scarna ed, infatti, ha riportato soltanto le indicazioni inerenti il contenuto (incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo) e, quindi, si reputano questi elementi:

– i profili dei lavoratori che si considerano in eccedenza senza l’indicazione dei nominativi dei lavoratori in questione;
– le somme destinate all’incentivo all’esodo parametrate sul numero delle mensilità riconosciute e diversificate in ragione dell’anzianità lavorativa, del livello o della categoria professionale o di situazioni personali ben conosciute;
– la data entro la quale i lavoratori interessati dovranno esprimere il loro consenso mediante la sottoscrizione dell’accordo;
– l’eventuale sede in cui formalizzare che può essere, oltre alla sede lavorativa, una “sede protetta” ossia la Sede Sindacale oppure l’apposita Commissione di Conciliazione dell’Ispettorato del Lavoro. Se l’incentivo all’esodo verrà elargito in “sede protetta” (Sede Sindacale oppure Ispettorato del Lavoro) il lavoratore non sarà tenuto alla conferma della risoluzione consensuale mediante la procedura informatica prevista dal D.M. del Ministro del Lavoro a seguito della previsione dell’art. 26 del D.Lgs. n° 151/2015.

Concludendo, si precisa che il datore di lavoro – con la stipula di tali accordi collettivi aziendali – è obbligato al pagamento del ticket di ingresso alla NASPI come sancito dall’art. 2, comma 31, della Legge n° 92/2021 e dalle Circolari INPS n° 140/2021, n° 44/2013 e n° 40/2020. Quest’ultima chiarisce, in maniera esauriente, sia le modalità di calcolo e sia le ipotesi nelle quali il ticket non è dovuto come ad esempio nei casi di c.d. “isopensione” ex art. 4, commi da 1 a 7 ter, della Legge n° 92/2021, di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un dipendente già pensionato, di risoluzione consensuale in “sede protetta” ex art. 410 e 411 del C.p.C. con datore di lavoro avente meno di quindici dipendenti come precisato dal Ministero del Lavoro con la Nota del 12 febbraio 2016 e così discorrendo.